COSE CHE NON SO VENDERE #1

Cose che non so vendere (e che invece - forse - meriterebbero una fanfara)
📌 Inizio Agosto 2025 — da San Benedetto a tutta Europa
Confesso.
Sono più brava a far accadere le cose che a raccontarle.
Così, notizie che cambierebbero il posizionamento internazionale di una compagnia, in mano mia finiscono chiuse in una tasca, dimenticate tra una prova di site-specific in un vecchio vigneto e una lezione sulla verità del gesto.
Ma luglio mi ha presa per mano, ed agosto mi ha detto: “Mizar, fermati. Scrivi.”
E quindi eccomi qui. Con un respiro profondo e il cuore in petto: questo è quello che è successo davvero.
🎓 Siamo ufficialmente figli dell’Europa
A marzo — sì, lo so, marzo! — siamo stati accreditati Erasmus+.
Cosa significa? Che EARTES (per chi non lo sapesse è la compagnia di arti performative contemporanee che ho fondato nel 2018) diventa nodo riconosciuto di scambi, visioni e formazione a livello europeo.
“Cosa significa?” È un pó come se ci avessero detto che “siamo fighi” e quindi che potremo confrontarci con altri artisti, educatori e ricercatori, esplorando nuove frontiere tra arte, neuroscienze e tecnologia.
E che i nostri allievi — sì, proprio loro — potranno viaggiare, imparare, vivere vere esperienze internazionali.
🇪🇺 Il progetto POWER e la nuova collaborazione con la CROCE ROSSA FRANCESE
Il post sui social su questa notizia ha riscosso un notevole successo (considerando i miei standard) pochi giorni fa. Tornerò a parlarne in modo più concreto prossimamente.
Vi basti ora sapere che EARTES sarà responsabile di tutta l’area dedicata al teatro sociale con persone con disabilità: un lavoro potente che intreccia arte, dignità, presenza, possibilità. Mi è stata affidata la guida artistica e formativa anche per i partner coinvolti a livello europeo. Un riconoscimento autorevole, che conferma il valore e la traiettoria internazionale della mia ricerca.
🧠 CHANCE IT prende nuove strade
Il progetto CHANCE IT ( “Care, Health, Awareness and Neuroscience to Create Empowerment. Inclusive Training”) continua il suo cammino, in forma rinnovata e con nuove alleanze. Pur avendo ottenuto un punteggio di 85 su 100 nella valutazione europea – risultato che conferma la solidità e la visione della nostra metodologia – l’Unione Europea ha scelto quest'anno di sostenere realtà emergenti alla loro prima progettazione.
E noi? Proseguiamo. In buona compagnia.
Una nuova sinergia si è attivata con due colleghe italiane – una neuromusicista e una neuropsichiatra – e con le tre neuroscienziate del team dell’Università Nazionale e Capodistriana di Atene. I rapporti con il Center for Music in the Brain di Aarhus, INSERM (Francia), il dipartimento di Performing Arts di Zurigo e altre prestigiose realtà scientifiche e artistiche restano attivi e dialoganti.
La metodologia CHANCE IT evolve, si arricchisce e si prepara a nuove applicazioni, anche fuori dai contesti artistici, ma sempre con un’idea chiara in mente: che la cura può iniziare in scena.
🌿 La scena si é aperta sul prato
Il 2 agosto, sotto il cielo generoso del Monte della Croce, gli allievi del primo anno del nostro corso di Teatro Danza hanno portato in scena “IL PICNIC”, un testo scritto e diretto da me, molto teatrale, poco danzato, e totalmente immerso in un paesaggio da favola.
Vista mare. Vento. Cielo. Voci. Tramezzini. Pubblico presente, partecipe e con il telo da picnic steso sull’erba come fosse un sipario personale.
Grazie. A chi c’era. A chi ha ascoltato, riso, pianto e fatto domande.
“Il Picnic” è nato come un gioco, ma la cronaca ci è piombata dentro con tutto il suo peso. Gaza, la proibizione di parole “scomode” in alcune università americane, la gestione feroce dei flussi migratori: è come se il mondo, con tutta la sua assurdità, avesse trovato posto al nostro tavolo da picnic.
E ora? Replichiamo?
Non so! Ma ce lo hanno chiesto in molti non perché sia perfetto, ma perché fa male e fa ridere allo stesso tempo. Perché denuncia. Perché abbraccia. Perché fa domande. E perché questo piccolo corso di teatro-danza è, anche per chi lo frequenta, un luogo dove non sentirsi soli nella propria stranezza.
🥑 In cantiere, qualcosa di nuovo
Nel frattempo, ho iniziato a lavorare a una nuova regia.
È ancora presto per raccontare cosa sarà, ma posso dirvi che si ride. E anche parecchio. È un lavoro che affonda le mani nel quotidiano, nel grottesco, nell’arte che inciampa nei moduli da compilare. Per ora, mi sto allenando a gustarmi il processo, come quando si cuoce a fuoco lento qualcosa che ha bisogno di tempo per farsi saporito. Arriverà. Quando sarà pronto. Forse con l’odore di lime e strada polverosa, ma anche con uno sguardo ben puntato su di noi, su cosa significhi fare arte qui e adesso.
Per ora, lo lascio cuocere
Chiudo qui.
Per oggi.
Ma tornerò. Forse tra un mese, forse domani.
Quando avrò di nuovo qualcosa che non so vendere ma che — adesso lo so — vale la pena raccontare.
“Cose che non so vendere” è il mio modo di restare umana nel mondo degli slogan. Non ha un funnel, non ha un piano editoriale. Ma ha cuore, carne e qualche verità taciuta troppo a lungo.
Come…
la verità che si muove tra le dita quando danzo,
la dignità di chi cerca ancora bellezza dove l’urgenza urla.
Mizar Tagliavini