“Un gesto puro contiene più mondi di mille ornamenti.” 

Jerzy Grotowski

 

"saltata"

 

Coproduzione: NonSolo piano ed EARTES

Concept e regia: Mizar Tagliavini

Interprete: Pamela Olivieri

Robotica, costruzione oggetti di scena: Giorgio Liberini

Musiche: Evgeny Grinko 

Durata: 50 minuti circa

Genere: monologo teatrale

 

Saltata è un monologo teatrale ispirato all'omonimo poema di Antonio Santori, un viaggio poetico ed esistenziale alla ricerca del senso ultimo delle cose attraverso il simbolo della "pagina saltata". Questa pagina mai scritta o forse dimenticata prende forma in scena come una donna, simbolo delle occasioni perdute e, al tempo stesso, del cuore pulsante della vocazione poetica di Santori.

Il monologo esplora il rapporto tra l'essere umano e il Mistero, tra l'assenza e la presenza, tra la parola e il silenzio. Santori credeva nell'esistenza di un Altrove oltre il quotidiano, un luogo di rivelazione che la poesia cerca di nominare. In questa tensione tra visibile e invisibile, la protagonista si muove in un paesaggio scenico in cui oggetti, suoni e corporeità diventano estensioni della sua interiorità, creando un dialogo con l'ineluttabile.

L'immaginario di Saltata richiama le figure mitologiche di Arianna ed Euridice: Arianna, abbandonata a Nasso, ed Euridice, persa per un ultimo sguardo di Orfeo. In questa sovrapposizione, la "pagina saltata" diventa la voce della mancanza, un'assenza che chiede di essere riconosciuta. Ma non è solo ciò che non è stato scritto: è ciò che attende di essere vissuto, un'entità sospesa in attesa del suo creatore.

L'approccio registico di Mizar Tagliavini trasforma la densità poetica di Santori in un'esperienza immersiva, dove parola, luce, musica e tecnologia si intrecciano per dare corpo alla tensione esistenziale del poeta. La scelta di una drammaturgia non lineare, basata su tagli e rimescolamenti del testo originale, permette di evitare la rigidità del verso e di trasmetterne l'essenza in una forma accessibile e intensa.

La protagonista, interpretata da Pamela Olivieri, incarna la voce della pagina in attesa, un corpo fragile e potente che si fa parola e presenza scenica. Gli oggetti interattivi, progettati da Giorgio Liberini, arricchiscono lo spettacolo con segni tangibili che dialogano con la poesia santoriana, sottolineando la tensione tra concretezza e visione.

In Saltata, il teatro diventa un luogo di rivelazione, un segno vivo che invita lo spettatore a interrogarsi sul significato dell'attesa, sull'incontro con il Mistero e sulla possibilità di dare voce a ciò che da sempre insiste, "aspettando al di là della parete".

 

SCHEDA ARTISTICA COMPLETA 

SchedaArtisticaSALTATA

AFFEZIONE E DIMORA

Affezione e Dimora è uno studio performativo che esplora il concetto di "casa" oltre la sua dimensione materiale, indagando la dimora come spazio sacro dello spirito, come punto di incontro fra terra e anima. È un progetto di teatro-danza per corpo e voce, pensato come tappa di un futuro spettacolo, che si apre a domande profonde di senso, di appartenenza, di radicamento.

 

Il lavoro si sviluppa su più livelli – antropologico, emotivo-affettivo, ambientale e sacrale – e si nutre delle testimonianze raccolte tramite una call pubblica che ha coinvolto persone comuni, chiamate a condividere il proprio sentire su cosa significhi davvero “abitare” una dimora.
A intrecciarsi con le loro voci e memorie, scorrono le riflessioni di grandi autori che hanno indagato, ciascuno a modo suo, la natura profonda della casa: T.S. Eliot, Simone Weil, Henry D. Thoreau, Gaston Bachelard, Luigi Giussani, Andrei Tarkovskij, fino all’antropologo contemporaneo Andrea Staid.

 

Nel pensiero di Staid, la casa non è solo architettura o rifugio, ma luogo di relazione viva con la natura e con l’altro. Come scrive:

 

“La casa non è un perimetro di muri, ma l’intimità di ciò che ci mette in relazione. È l’incontro tra corpi, elementi e paesaggi. È la possibilità di convivere e coabitare con il mondo.”
(Andrea Staid, “Abitare Desiderare”)

Affezione e Dimora indaga la casa come luogo in cui si tesse la trama delle relazioni, come spazio di nascita e di morte, di ritorno e di vocazione. In scena, attraverso gesti, danza e voce, i danz-attori e il pubblico attraversano domande universali sulla propria esistenza e il proprio posto nel mondo, domande che troppo spesso restano silenziose ma sono la chiave di ogni ricerca autentica.

 

Questo studio è un viaggio emotivo e intellettuale verso le nostre radici, un invito a riscoprire la dimora interiore ed esteriore, la relazione che ci lega ai luoghi, alle persone, alla natura e allo spirito. Un ritorno al significato profondo di “casa”, riscoperta nella sua dimensione antropologica, affettiva ed ecologica.

 

Interpreti: Dafne Ciccola, Guido Sciarroni

Ideazione, concept, regia: Mizar Tagliavini

FRANTUMI

Tre donne, tre storie e

contesti totalmente differenti,

la fragilità, la forza e le loro domande.

Un filo rosso ad unirle: parole e significanti rimbalzano nei lori testi quasi a creare una traccia di stupore e splendore “dove prendere e lasciare sono una sola estasi” ed un poeta, Mario Luzi, insospettabile trade union. Tre Vite improntate su una ascesi coperta, sul sacrificio (sacrum facere), il fare sacro.

 

“Frantumi” domanda: oggi ha senso parlare di sacro? Cos'è il sacro?

Il sacro ha ancora la forza per interpellare il nostro tempo e la parte più profonda dell'io? 

 

Di fronte ai nuovi "luoghi di culto", passando dai

centri commerciali, ai guru con la verità in tasca,

pedissequamente seguiti da molti facilmente

manipolabili e dai più, perché fa trend, fino alle piattaforme social nelle quali il dio narciso è sempre in agguato, è più che mai vitale tornare all'essenza dell'anima umana.

Lo spettacolo di teatro-danza si muove in modo ironico e profondo, sulle scie poetiche di Alda Merini, Cristina Campo e Simone Weil, sulle metafore che hanno costellato la loro discesa e salita verso un altrove possibile ed incandescente, quel luogo oltre reale ma tangibile nel quotidiano,  che apre versa una dimensione di significato. 

 

Concept, regia, coreografia, scelta e scrittura testi: Mizar Tagliavini

Assistenza, montaggio video: Dafne Ciccola

Robotica: Giorgio Liberini

Danza-attrici: Dafne Ciccola, Arianna Mandolesi, Mizar Tagliavini

Disegno Luci: Mizar Tagliavini, Simone Agostini

Costumi: Deana D'Agostino

Produzione: e.artES cum panis

 

SCHEDA ARTISTICA

FRANTUMIbrochure

FIGLIA DELL'ORO

 

Lo spettacolo è nato dalla collaborazione con Davide Rondoni e la giovane poetessa, Flaminia Colella in procinto di pubblicare un libro di prosa su Emily Dikinson, "Figlia dell'oro" dal titolo omonimo. Lo spettacolo si costruisce su un concept rigoroso nel quale la scrittura del gesto, le musiche del Maestro Ezio Bosso accuratamente scelte da Mizar Tagliavini ed il disegno luci costituiscono un unicum autoriale. Tagliavini ha dato vita ad un percorso organico che vede l'intrecciarsi della lettura di alcuni testi estratti dalle pagine della Colella a cura della famosa attrice Galatea Ranzi (La Grande Bellezza - Paolo Sorrentino) e la danza che cuce significato, ripercorrendo alcuni tratti salienti della vita della poetessa di Amherst. Lo spettacolo si avvale della consulenza di Marco Schiavoni. 

"Figlia dell'oro" ha debuttato in prima Nazionale al teatro dei Rinnovati di Siena il 24 settembre 2021 per il SISiena Festival ed ha replicato il 9 Ottobre Roma al Piccolo Festival dell'Essenziale.

 

Concept registico- musicale-coreografico, direzione artistica, light design: Mizar Tagliavini

Danzatrici: Dafne Ciccola, Mizar Tagliavini

Scene engineer: Giorgio Liberini

Attrice: Galatea Ranzi

Musiche: Ezio Bosso

 

 

 

 


LA PRIMA PIETRA

Che cos’è il male oggi? In che modo si può dire che le sue manifestazioni, le sue spinte, le sue modalità di aggredire il tessuto del mondo e delle persone, si siano modificate? Vittime o carnefici? Quanto la cultura sottile della violenza ci sommerge rendendoci alienati dai gesti, dalle parole…e allo stesso tempo ad essa assoggettati e succubi? Lo spettacolo di teatro-danza “La prima pietra” tenta di portare alla luce queste dinamiche scardinando la semplicistica logica del “puntare il dito”. Cosa accadrebbe se rivolgessimo quel dito, quella pietra a noi stessi e lasciassimo che affondi per toccare le viscere? Lo spettacolo pertanto, attraverso uno sguardo ed una scrittura del gesto che oscilla tra la leggerezza onirica e l’ironia talvolta grottesca, desidera fornire degli spunti allo spettatore per un’autoanalisi guidandolo nello stesso processo visivo ed emotivo che gli artisti si sono trovati a percorrere. Uno spettacolo sul filo teso della domanda “Ma io… quando sono violento?” così da porre l’attenzione sulla facoltà di pensare, la capacità di distinguere tra giusto e sbagliato e le loro implicazioni sociali scandagliando le sfumature e le controversie dell’animo umano. Sembra che una certa “terribile normalità” così come fu definita da Hannah Arendt nel suo scritto “La banalità del male”, comunemente ripudiata da una certa società, trovi luogo di manifestazione nell’intimo delle case così come nelle mani dei potenti senza che ciascuno sia cosciente e pensante in relazione alle proprie azioni. Piccoli grandi violenze quotidiane, piccole grandi violenze sociali, piccoli grandi violenze mondiali scollate dalla percezione e dal pensiero del male stesso. “La prima pietra” è un corpo a corpo interiore per ricucire la distanza dagli esiti dei nostri atti distruttivi. Desidera essere un contributo alla sensibilità di ciascuno così erosa, gravemente indebolita e oggi più che mai prossima alla cancellazione. Concept, regia, coreografia: Mizar Tagliavini Interpreti: Dafne Ciccola; Salvo Lo Presti; Guido Sciarroni; Mizar Tagliavini Musiche: E. Bosso; Kroke; Las Sombras Tango, C.Lomuto; C.Canaro, M.Richter Testi: E.Ionesco; G.Testori; S. Lo Presti Adattamento testi : Salvo Lo Presti Scenografia: Rossella Sansoni Costumi: Atelier Jeannette; Michela D’Ascenzo Durata: 1 ora e 20 minuti

 

VULTÛS. Così pronta alla scomparsa

Il trio prende le mosse da una tela giovanile di Franco Marconi, ritrovata dopo tempo in uno scantinato. Volto nei volti, la tela interroga, proietta e quasi a tu per tu sembra domandare “perché mi guardi?”. I contorni definiti dai dettagli liquidi sembrano voler dare contenimento all’inconscio straripante di chi sofferma lo sguardo su quegli occhi senza luce, eppur così presenti. La tela ci porta in quell’angolo privilegiato di costruzione attiva di significati che comporta processi di elaborazione ed analisi, attraverso un meccanismo di rispecchiamento non limitato al dominio delle azioni, ma anche a quello delle sensazioni e delle emozioni. Chissà cosa stava provando Marconi in quell’istante, nell’imprimere il colore, nel tratto?! Al di là del tempo e dello spazio e dell’intento conscio che poteva avere l’artista, la tela si proietta nel cervello dipingendo un paesaggio multiforme, nel quale l’aspetto eccedente parla con forza. Sembra che l’identità del singolo si perda nell’indefinito della pluralità. Nel silenzio assordante di occhi assenti, il trio vuole ridare voce al contatto intimo della visione, aprendo l’immaginario a quello spazio sacro dove le anime s’incontrano. Attraverso l’alterità che valorizza ed abbraccia è possibile un “io” che brilla, radicato e leggero. Il trio pertanto nasce con l’idea di ampliare il messaggio inconscio della tela stessa, quasi a voler simulare attraverso il contatto empatico il programma motorio compiuto dall’artista per realizzare l’opera, proprio come i più recenti studi di neuroestetica confermano. Guardarla è guardare l’artista nell’atto d’imprimere il segno, ma anche guardare come il repertorio motorio delle danzatrici stesse, si è lasciato influenzare attraverso il contatto visivo, dando modo ad un’ulteriore tela interattiva di nascere attraverso la forza di chi si è specchiato, in un rimbalzare di significati. Starà al pubblico lasciare che la “camere a specchi”, cucia ponti tra conscio ed inconscio, tra visibile ed invisibile, tra ciò che è stato e ciò che potremmo essere, tra il me ed il noi, tra il tu e l’io.

 

MURMUR CORDIS. Il cuore non trema, il cuore batte.

La performance prende le mosse dagli scatti dei fotoreporter D.Balducci e A.Di Cecco ed è stata creata in residenza all’interno della Torre dei Gualtieri di San Benedetto del Tronto. Si configura come lavoro in site specific e prevede un massimo di 18 spettatori. L’imprevisto di un incontro senza tempo tra un uomo ed una donna (figure archetipiche della vita stessa) fa da sfondo al sisma di ieri, di 100 anni fa, di quelli che verranno. Amore e terremoti vecchi e consueti come il mondo che abitiamo, per ridestarci al peso specifico delle cose, di un gesto, una parola, un abbraccio… In un mondo svuotato di Senso, ci sembra che ripartire dall’essenza del cuore umano che fisiologicamente grida “per sempre” sia la modalità essenziale per ricucire anime ferite e disperse, come solo l’arte sa fare. 

"La vita: un soffio. Guardo la terra tremare, monito:“nulla è mio”. Vertigine. Vana illusione di un possesso del reale tanto effimero quanto povero di anima e respiro. La terra trema, sgretolo il cuore per ricordare, per vivere l’istante presente con la gratitudine di chi apre gli occhi per la prima volta."

 

 

 

 

“IL SENTIERO DELLE STORIE”

Lo spettacolo di teatro di narrazione desidera essere un aiuto all’osservazione della flora e della fauna della riservanaturale Sentina aprendo l’immaginario dello spettatore così come solo le storie sanno fare. Vogliamo dare vita ai personaggi della riserva così da scolpirli nella mente di grandi e piccini.  TARGET: spettacolo per bambini e famiglie DURATA: Lo spettacolo ha una durata di 20/25 minuti circa e sarà ripetuto fino ad un massimo di 6 volte. STRUTTURA: Il “Cavaliere d’Italia” (uno dei personaggi della nostra storia) traghetterà come un Caronte 4 gruppetti di persone alla volta, verso gli “habitat” dei quattro narratori, che attraverso voci generose incarneranno i personaggi della Sentina. Ciascun gruppo tramite un percorso in senso orario ascolterà le storie di tutti i narratori e sarà poi invitato in chiusura performance ad andare nei luoghi di “birdwatching”.

Ricerca e scrittura testi: Deana D’Agostino.

“DE-siderio. Tendere alle stelle”

Spettacolo ibrido dedicato alle Riserve Naturali e agli Osservatori Astronomici. Ripercorrendo storie, miti e leggende che legano il cielo alla terra, lo spettacolo offre spunti di riflessione moderni attraverso la danza, la musica e la poesia andando oltre la semplice osservazione della volta stellata. Lo sguardo dell’uomo da sempre si è rivolto verso la volta stellata, instaurando un legame profondo tra le proprie intime domande e la bellezza vista. TARGET: Adatto a tutti. Il pubblico verrà disposto ad arena verso la battigia con l’aiuto degli operatori della riserva. DURATA: un’ora Concept: Mizar Gaia Astrid Tagliavini Interpreti: Marco Bandera (percussioni, Handpan), Dafne Ciccola, Deana D'Agostino, Salvo Lo Presti, Mizar Tagliavini Testi inediti: Salvo Lo Presti, Mizar Tagliavini

PERFORMANCE IN GALLERIA D'ARTE

HOMO DIGITALIS

Performance interattiva creata per la personale di Morgan Zangrossi / Galleria Marconi

BIFROST. La via tremula

Performance creata in sinergia con l'artista Paolo Pibi/ concept: Mizar Tagliavini; testi inediti: Salvo Lo Presti / Galleria Marconi

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